venerdì 30 marzo 2012

Senza titolo

Foto di Roberto Panucci

Il concerto di ieri mi è piaciuto talmente tanto che non riesco a smettere di sentire il doppio cd uscito di recente per festeggiare vent'anni di carriera. Sembra brutto dire che non me l'aspettavo, ma in realtà è così: Samuele Bersani è un grande artista da palcoscenico e mi ha piacevolmente sorpreso. Innanzi tutto è intonato, cosa che non bisogna sempre dare per scontata. Quante volte sono rimasta delusa ascoltando dal vivo un mio idolo musicale perchè non riusciva a non steccare?!? E invece lui è stato semplicemente perfetto: sembrava di stare ascoltando un disco e non un concerto, e soprattutto è riuscito a mantenere un altissimo livello per tutte le due ore e passa di concerto. Insomma, tanto di cappello!

Un'altra cosa che mi ha stupito profondamente è il suo saper stare sul palco e il suo modo di interagire con la platea. Ascoltando le sue canzoni, mi ero fatta tutta un'altra idea di lui: un tipo introverso, un poeta raffinato e sicuramente non incline alla chiacchiera facile col suo pubblico. E invece ho toppato clamorosamente: mi sono fatta tante di quelle risate che neanche a uno spettacolo di Zelig! Solo per citare alcuni simpaticissimi aneddoti: pare che la canzone Senza titoli nasca dal fatto che lui, realmente, prendesse in prestito cassette al Blockbuster di Bologna senza mai restituirle (cosa che gli costò 4 milioni e ottocentomila lire di multa...). Poi, introducendo Un pallone ha detto: "Questa cantatela, però, se no a Sanremo che casso ci sono andato a fare?". Introducendo invece Le mie parole, sua cover di una canzone di Pacifico, ha commentato: "Comunque io sono fatto al contrario: ieri è uscito il suo disco, compratelo, è bellissimo."
Commovente il ricordo di Lucio Dalla nelle parole di Bersani, per lui l'unica persona che gli ha detto sì quando tutti gli altri gli dicevano no. Una persona che gli ha consigliato di "capitalizzare il dolore" dopo una delusione amorosa (una ragazza di Udine lo aveva appena lasciato per un agente immobiliare), consiglio prontamente seguito da Bersani che ha trovato le parole calzanti ad una musica di Dalla: da questo magnifico incontro di suoni è nata Canzone, successo da oltre un milione di copie vendute. "Direi che ho capitalizzato abbastanza!" ha commentato Samuele.
La scaletta era ricca di suoi vecchi cavalli di battaglia. Canzoni che lui stesso ha definito senza tempo, come Chicco e Spillo, Coccodrilli, Cosa vuoi da me? o Freak (resa più attuale attraverso una sostituzione di Pci con Pd), canzoni addirittura profetiche come Cattiva (chi l'avrebbe mai detto che saremmo andati a chiedere l'autografo a Zio Michele o a scattare foto al relitto della Concordia?), altre canzoni, invece, sono semplicemente scadute, rappresentavano perfettamente l'immaginario di non molti anni fa, ma che oggi sono già superate, come nel caso di Coppa Uefa ("ora sostituita dall'Europa League, mi pare?!"), cui però Bersani ha voluto dare un'altra possibilità, avendola cantata al massimo due volte in vita sua. Gli arrangiamenti erano piuttosto fedeli agli originali, tranne in poche occasioni in cui, con l'aiuto dei suoi musicisti, ha voluto azzardare una revisione. Operazione splendidamente riuscita con una versione piano e voce de Il pescatore di asterischi da brividi.

Insomma, Samuele Bersani è uno di quei tipi schietti e diretti. L'ho sentito dire cose del tipo "Non vi dico di battere le mani a tempo di musica altrimenti, casso, andate alla Valtur e vi divertite di più" oppure "ecco, per esempio, a me i peluche mettono tristezza. Una volta me ne hanno tirato uno sul palco e io l'ho tirato indietro", salvo poi pentirsene bofonchiando a mezza voce "Casso, domani sarà tutto su YouTube!". E' uno che non ama le canzoni "arrangiate" delle radio, ma ama riarrangiare i suoi pezzi per dargli nuova vita. Ed è anche uno che se sbaglia a cantare una strofa, decide di ricantarla da capo, scusandosi perchè quella strofa proprio non gli va giù ed è una delle più brutte che abbia mai scritto. Ed è un artista che non si nega al suo pubblico, tanto da spostarsi con leggio e microfono in mezzo alla platea per cantare le canzoni più care al suo pubblico, Replay e Giudizi universali.

Chiudo dicendo che lo Psyco tour è ancora agli inizi e che sicuramente non avrete problemi a trovare una data vicino a voi. Vi consiglio davvero di andarlo a sentire, sarà una bella sorpresa anche per voi!

Valeria
(e un po' di Luigi)

martedì 20 marzo 2012

Memento

Ieri sera ho finalmente colmato una delle mie tante lacune in campo cinematografico. Su suggerimento di diverse persone (ad esempio l'illustrissimo professor P. e la nostra Miky) e grazie all'ausilio tecnico dello "scaricatore" Marco, sono riuscita a vedere Memento, film di Christopher Nolan del lontano 2000.
Le mie aspettative, alimentate da tali e tanti commenti positivi, erano altissime e, fortunatamente, non sono state deluse. Anzi.
La trama del film è un grande punto interrogativo per lo spettatore fino all'ultimo minuto della pellicola. Il finale sorprende e sconvolge, pur non lasciando niente di inspiegato: all'ultimo momento lo spettatore avrà in mano tutti gli elementi per ricostruire il puzzle della vicenda.
Fin qui, potrebbe sembrare un film come tanti altri: svolgimento della storia, climax, colpo di scena finale. E anche la trama, se vogliamo, rappresenta il cliché del marito che vuole vendicare la morte della moglie, vista e rivista in tantissime pellicole.
La verità è che ciò che è davvero innovativo, cervellotico e intrippante di questo film è la sceneggiatura (e il montaggio che la segue): l'intero film è strutturato in modo tale che lo spettatore si immedesimi nel personaggio principale, assumendone il punto di vista (quindi calandosi dentro la storia), ma anche la sua patologia, un disturbo della memoria a breve termine avuto in seguito a un incidente che non gli permette di assimilare nuovi ricordi. Per riuscire a vivere nonostante questo suo handicap, il protagonista utilizzerà una serie di biglietti e tatuaggi che serviranno di volta in volta a fargli ricordare chi è, ma soprattutto qual è il suo fine ultimo. Per fare in modo che vi sia una perfetta sintonia tra personaggio e spettatore (e che il secondo non sappia nulla più del primo) la storia viene svelata dalla fine all'inizio, attraverso delle microsequenze, il cui finale coincide con l'inizio della sequenza vista in precedenza (sì, lo so, scritto così sembra difficile da afferrare, lo dovete vedere per capire).

Insomma, se mai vi capiterà di imbattervi in questo film mettetevi l'anima in pace e:
  1. non sperare di poterlo vedere e capire se lo beccate già iniziato su qualche canale strano del digitale terreste
  2. non sperare di riuscire a capire tutto e subito. Anche se a un certo punto vi sembrerà di avere la verità in tasca, state tranquilli: la vostra idea è senz'altro sbagliata.
  3. non sperare di riuscirlo a vedere se siete stanchi/insonnoliti/mentalmente apatici. Ci vuole un sacco di concentrazione
Se, nonostante questi elementi dissuasori, vi sarà venuta voglia di vedere questo film vi consiglio caldamente di farlo, in modo da poter rispondere all'unica domanda alla quale non sono riuscita a dare una risposta: perchè il tipo del Discount Inn porta Leonard in una camera (21) per poi dirgli che invece la sua camera era un'altra (324)?

lunedì 5 marzo 2012

E tu vieni in vacanza a Trento?


Martedì scorso sono partita alla volta di Trento per andare a trovare una delle mie più care amiche, Giulia, ad un anno dal suo trasferimento su al Nord.
Inutile dire che stare dietro a Giulia non rappresenta il prototipo della vacanza rilassante, anzi: abbiamo macinato chilometri su chilometri, in bicicletta, a piedi, in città e in montagna alla ricerca di laghi incastrati tra i monti. Ovviamente non reggevo il confronto con i più allenati, Giulia e Oliver, e arrancavo dietro di loro in maniera vergognosa, lamentandomi di tutti i dolori muscolari possibili (chiedo loro pubblicamente scusa per questo!). Ho visto posti nuovi e per me esotici: tetti aguzzi e ricoperti di tegole coloratissime, torrenti dalle acque cristalline, città il cui centro è lasciato completamente ai pedoni (e ai ciclisti). Per non parlare della ben nota efficienza nordica in termini di trasporto pubblico, che per chi viene da Roma è davvero sconvolgente. Sebbene poi Giulia si lamentasse di alcuni aspetti dell'organizzazione del suo studentato, San Bartolameo, io sono rimasta sconvolta da quello che hanno a disposizione gli studenti che vi risiedono: palestre, campetti da calcio e da basket, biciclette personali... cose inimmaginabili anche solo a poche centinaia di chilometri a Sud.

Anche dal punto di vista antropologico, il mio viaggio è stato interessante. Durante una delle cene organizzate da Giulia, un ragazzo in particolare ha fatto crollare tutte le mie certezze. Da un lato ha capito da come ho pronunciato il mio nome mentre mi presentavo che non ero delle loro parti (e, vabbè, fin qui niente di strano), dall'altro mi ha detto che sembro "uscita da un film di Muccino, di quelli in cui gli adolescenti romani girano per la capitale sul motorino e con la scodella in testa", lasciando sottintendere quanto fosse marcato il mio accento romano. Ora, per una che ha creduto tutta la vita di avere una parlata abbastanza neutra sentirsi dire qualcosa del genere è un vero trauma! Non ho avuto la prontezza di rispondere che, tutto sommato, non cambierei per niente al mondo il mio modo di parlare con il loro (ma forse ho preferito glissare su questo. Dopotutto, lo conoscevo sì e no da un'ora...). E inoltre, sempre lo stesso ragazzo, alla mia risposta su cosa fossi andata a fare a Trento, mi ha risposto incredulo con la frase che dà il titolo a questo post... Il momento clou della serata è però arrivato quando uno statunitense, un trentino e un tedesco hanno fatto a gara per aggiudicarsi il titolo di "miglior barzelletta sugli ebrei", seguiti a ruota dagli gnomi coi cappelli di Giulia.
La serata/aperitivo non è stata altrettanto divertente, a causa dell'elevato numero di partecipanti (i più sconosciuti alla stessa Giulia) e del chiasso del locale, e mi è dispiaciuto non poter approfondire la conoscenza di due tipi che sembravano simpatici.

In coda, ne approfitto per ringraziare ancora una volta l'intero gruppo: Giulia per la compagnia e per il tempo che mi ha dedicato, Oliver per le chiacchierate sulla Germania, e Annalisa per l'ospitalità.
 
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