martedì 13 dicembre 2011

Trova le differenze (2)



martedì 4 ottobre 2011

Infopoint

Dato che ho pensato bene di ammalarmi alla seconda settimana di lezioni e non avendo niente di meglio da fare (o meglio, non avendo la forza per fare niente di meglio), vi scrivo qualche novità sulla mia vita recente, dato che credo siate rimasti un po' indietro.

Innanzi tutto ho finito il mio famoso stage per nottetempo, che mi ha lasciato tantissimi bei ricordi e soprattutto una valigia piena di libri da leggere.

Ho ricominciato i corsi per l'ultimo semestre universitario della mia vita e, data la solennità conferita alle ultime cose, il Signor Luiss ha pensato bene di fare in modo di farci ricordare questi orari finché vivremo.

Domenica scorsa, 2 ottobre, c'è poi stata la premiazione della seconda edizione del concorso si scrive Terracina, nell'ambito del Terracina Book Festival. Anche stavolta, come l'anno scorso, entrerò a far parte dell'antologia dei racconti finalisti (grandi soddisfazioni) come anche Clara Giannini e il dottor Calisi. Insomma abbiamo fatto l'en plein! (E, a proposito, è uscita l'antologia dei racconti dell'anno scorso, in vendita da Bookart... messaggio subliminale).

Sono stanca e febbricitante, vi lascio qui.

mercoledì 3 agosto 2011

La gioia piccola d'esser quasi salvi

Il mio primo libro nottetempo. L'ho scelto per il titolo, evocativo e accattivante, e anche perchè ho conosciuto l'autrice, Chiara Valerio, ed ero curiosa di leggere qualcosa di suo.




La vicenda si svolge in un piccolo paese di provincia e ruota intorno a quello che resta di una famiglia, dopo la fuga del padre, in giro per il mondo per cercare un tesoro, e la morte violenta della madre, caduta dal balcone per raccogliere una scarpa. Rimangono una nonna e sua nipote e l'una si appoggerà all'altra per cercare di sopravvivere. La piccola Giulia non ha dimenticato, ma va avanti, cresce, grazie alla vicinanza del suo amico di sempre, Marco, che forse vorrebbe non essere più solo un amico. La nonna Agata, invece, comincia a dimenticare tutto: parole, fatti, persone. Ma non il dolore, quello rimarrà sempre, nonostante si faccia di tutto per dimenticarlo. A completare il quadretto si inserisce Leni, prostituta polacca che andrà ad interferire nella difficile dinamica della coppia di amici.
La storia coinvole, lo stile cattura (nonostante a volte scarseggi la punteggiatura al posto giusto) e non mi sono stupita di averlo letto in due serate. La storia angoscia, con tutti quei suoi richiami al sangue, al demonio, all'inferno e al paradiso. La storia parla anche di sentimenti abortiti perchè non corrisposti, di amicizie che non finiscono mai e di amori "sbagliati". In un continuo sali-scendi temporale, seguendo i momenti di lucidità che la malattia ancora lascia alla nonna Agata, i piccoli grandi drammi della famiglia vengono pian piano svelati al lettore e ai personaggi stessi. Una volta che la verità sarà stata svelata forse sarà più facile per Giulia continuare a vivere.

venerdì 29 luglio 2011

Incontri ravvicinati di un certo tipo

Proprio quando cominciavo a pensare che tutto sommato il mio famoso stage non fosse niente di eccezionale, ecco che succede qualcosa di sorprendente. Una serie di fortuite coincidenze (il treno da prendere e il lavoro spostato al venerdì mattina) fanno sì che io mi trovi nel momento giusto al posto giusto per fare una di quelle esperienze che forse capitano una volta sola nella vita.
Ero seduta al mio computer ad aggiornare il sito della Fiera di Francoforte (fiera del libro molto importante che si terrà tra qualche mese, ndr), quando sento Marco dire: "Chiara, c'è Moretti per te!". Chiara va incontro al signor Moretti. Dalla mia postazione non vedo ancora l'ospite, ma non avevo dato nessuna importanza alla cosa, dato il via vai che c'è ogni giorno in ufficio.
Rimango inebetita per almeno cinque minuti quando scopro che Moretti è quel Moretti. Giovanni, detto Nanni. Dopo i vari baci e abbracci con la Chiara di cui sopra (la quale, molto probabilmente, lavorerà con lui nella stesura di una sceneggiatura!), quest'ultima fa un veloce giro di presentazioni: nomi e cognomi di tutti i dipendenti e loro mansioni. Arrivata a me, dice "Valeria, la nostra stagista". Mi alzo e allungo la mano che lui stringe in modo molto energico. Riesco a bofonchiare solo: "Valeria, piacere di conoscerla", dopodiché rimango muta. Non sapevo bene come comportarmi, lì sembrava che fosse per tutti una cosa normale avere Moretti a pochi passi e perciò mi sono adeguata ai loro standard. Non me lo sono filato di striscio e ho continuato a fare quello che stavo facendo prima che lui arrivasse. Sennonché, dopo qualche minuto, Moretti mi rivolge una domanda, la prima di una lunga serie, come scoprirò alla fine. Un vero e proprio interrogatorio.

"Tu, Valeria, quanti anni hai? Studi?"
"Io? 22 anni. Studio Scienze politiche, relazioni internazionali"
Lui: "E come ci sei arrivata qui?"
Io: "Alla fiera del libro di Roma, della piccola e media editoria, ho lasciato qualche curriculum e solo N. mi ha chiamata per un colloquio..."
Lui: "Eh... và così il mondo oggi"
Chiara interviene dicendo "Sì, ma digli dove studi!"
Io: "Alla Luiss"
Lui: "Ah... E costa molto?"
Io: "Beh sì, abbastanza"
Lui: "Tuo padre e tua madre che lavoro fanno?"
Io: "Mio padre è farmacista, mia madre logopedista"
Lui: "A Terracina?"
Io: "Mia madre sì, mio padre lavora in un paesino in provincia di Roma, Riofreddo..."
Lui: "E fa avanti e indietro?"
Io: "No, torna solo nel week-end"
Chiara: "Sì, ma digli della tua tesi!"
Io: "Beh la prossima sarà sulla tutela internazionale dei diritti umani"
Chiara: "No, l'altra..."
Io: "La precedente è stata sui sistemi elettorali, una tesi comparata tra Spagna e Italia"
Lui annuisce.
I due continuano a parlare tra loro e con gli altri, lasciandomi al mio lavoro. Mi stupisco di tutto quell'interessamento, non me lo so spiegare. Ma poi vedo che fa domande anche agli altri, quindi alla fine penso che sia proprio nel suo carattere interessarsi delle persone, forse cerca spunti da inserire in qualche suo nuovo film, chissà...
Dopo una mezz'oretta di chiacchiere, indica me e un'altra ragazza dicendo: "Queste due sono le uniche che lavorano!" (Ecco, diciamolo! penso io). Fa per andarsene e torna a stringere la mano a tutti. Quando arriva il mio turno, ecco che parte un'altra domanda:
"Allora cosa vuoi fare da grande?"
Io: "Beh vorrei provare con la carriera diplomatica..."
E tutt'intorno a me si leva un coro di voci che commenta la mia ultima uscita...

Beh, insomma, niente male, direi. Mia madre, che è una che si fa mille film in testa (altro che Moretti!), ha detto che sicuramente gli sono piaciuta e che mi scritturerà per il suo prossimo film. Io sono stata contenta di aver potuto rivalutare un personaggio che tutti giudicano orso. Inoltre ha una voce normale, e non quella voce nasale un po' femminea che gli è valsa un sacco di sfottò. Ed è un gran bell'uomo! E gira in Vespa per Roma, proprio come in Caro diario.

mercoledì 20 luglio 2011

Una settimana intensa

E' decisamente giunto il momento di aggiornare questo blog, anche perchè, come si evince dal titolo, ne sono successe di cose questa settimana!

Cominciando dal principio, dal 13 luglio ho iniziato questa nuova, mattissima esperienza che i più chiamano tirocinio, gli internazionalisti chiamano stage, chi dice le cose come stanno, sfruttamento-di-manodopera-giovanile-bisognosa-di-crediti-formativi. E già è cominciata col piede sbagliato dato che alla vigilia del mio primo giorno ho pensato bene di prendermi un virus intestinale! Con due giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia mi sono presentata nell'ufficio dove ha sede la casa editrice all'orario stabilito, forse anche un po' in anticipo (come è mia cattiva abitudine fare) e ho trovato un nutrito gruppo di donne (come in ogni redazione che si rispetti la proporzione è un uomo ogni dieci donne, e anche qui è decisamente rispettata questa regola non scritta) sedute intorno a una scrivania con le rotelle posizionata in mezzo alla stanza e usata a mo' di desco: una sbucciava una papaya, altre sgranocchiavano snack ipocalorici e altre ancora parlavano di quali alimenti non dovessero proprio mancare in una dieta. Sono rimasta impietrita e imbarazzata quando ho capito che nessuno mi si filava. Solo la segretaria C. è stata da subito carina con me: ha fatto un giro di presentazioni e ha cercato di farmi entrare nel gruppo; per tutti gli altri ero praticamente trasparente. Nell'ufficio c'ero già stata per firmare dei documenti, ma non mi ero mai fermata ad osservarlo come si deve. Si tratta di un open space pieno di scrivanie (ognuna delle quali dotata di proprio computer Apple), intramezzato ogni tanto da librerie piene di volumi o di manoscritti di giovani, speranzosi, potenziali esordienti che aspettano di essere letti. E' tutto apparentemente in disordine, ma si ha la sensazione che non possa essere altrimenti. Il mio lavoro per ora è consistito in una catalogazione dei titoli stranieri che la casa editrice potrebbe acquistare, tutto rigorosamente al computer (e infatti mi sa che alla fine di questo stage mi sarò giocata i miei undici decimi!). Pian piano che i giorni passano, comunque, mi sento sempre più a mio agio lì dentro e anche le altre mi cominciano a prendere quantomeno in considerazione (piccole soddisfazioni della vita!). E spero che andando avanti andrà sempre meglio!

Il 15 luglio è stata poi la volta del Concerto dell'estate: Franco Battiato a Capannelle, nell'ambito del Rock in Roma. La compagnia era delle migliori: alcuni compagni di università (Niccolò, Annalisa e Cecilia), la solita, solida presenza di Andrea (che finge di essersi dimenticato i biglietti a Terracina) e la new entry, Ivo. [Finalmente, dopo quattro anni sono riuscita a conoscere Ivo, colui che mi dicono essere l'alter ego di Luigi, cosa che non sono riuscita ad appurare a causa del poco tempo a disposizione.] Comunque Roma è sempre Roma, e per fare 20 chilometri ci abbiamo messo un'ora e quaranta (!), mentre il povero Andrea aspettava tutto solo a Capannelle. Una volta arrivati sul luogo del concerto decidiamo di mangiare qualcosa: facciamo una fila impressionante a uno stand per poi scoprire che sono finiti i panini con la salsiccia e che rischiano di finire anche quelli con gli hamburger! Annalisa e io eravamo già sul piede di guerra! Insomma, per prendere i panini facciamo pure tardi, arriviamo nella zona palco che Francuzzo ha già iniziato a cantare (voce stranissima, la sua, a sentirla da lontano, non sembra la voce di un vecchietto, tanto che pensavo che non fosse lui, ma un gruppo spalla). Proviamo ad adottare la tecnica del serpentone per cercare di avvicinarci il più possibile al palco, ma non arriviamo molto lontano. Ci infiliamo in un buco lasciato vuoto da dove io, piccola come sono, non riesco nemmeno a vedere il palco (e pare mi sia persa i simpatici balletti di Battiato!). Noi ragazze eravamo davvero poco preparate, mi dispiace dirlo. Io avrò conosciuto al massimo 5-6 canzoni e su due ore di concerto non è proprio il massimo. Ma anche nonostante questo il concerto è stato molto coinvolgente, soprattutto da quando Battiato ha cominciato a interagire con il pubblico. Rimarrà nella storia la scenetta: qualcuno lancia un disco sul palco, Battiato legge il titolo "Staccionata Ecce" ed esclama "Bravi! Avete unito il latino e l'italiano!". Che soggetto bizzarro! In scaletta ci sono pezzi storici [Shock in my town, Auto da fè, Gli uccelli, Cucuruccucù, La Cura, Voglio vederti danzare, E ti vengo a cercare, Tra sesso e castità, L'era del cinghiale bianco], con alcune impensabili omissioni [Bandiera bianca, Alexander Platz] e altre chicche a sorpresa [Stranizza d'amuri, in dialetto siciliano] e lasciando uno spazietto finale per un "a gentile richiesta" [L'animale, per la gioia delle nostre vicine urlanti]. Quindi, poco prima della mezzanotte, cala il sipario sullo show. Aspettiamo che la folla defluisca, salutiamo parte del gruppo e Andrea, Ivo ed io torniamo a Terracina. Manco a dirlo, in macchina si ascolta ancora Battiato, mentre si chiacchiera del più e del meno. Serata davvero piacevole.

La nota dolente è arrivata sabato, giorno della vigilia della partenza di Luigi per Dublino, dove starà per tre settimane per migliorare il suo inglese. Al momento della prenotazione ero super contenta, galvanizzata, forse più di lui, perchè di vacanze studio ne ho fatte tante e ne ho sempre un ottimo ricordo. Nel momento in cui la partenza si avvicinava, però, ovviamente le mie buone intenzioni sono andate a farsi benedire ed è subentrata l'egoistica voglia di tenerlo con me, cosa peraltro non fattibile. E così l'ho visto partire. Sono passati appena cinque giorni, ma in questa strana percezione spazio-temporale mi sembra molto di più. Meno male che skype e le e-mail ci danno una mano! E meno male che ci sono i miei amici a tirarmi sù il morale!

giovedì 16 giugno 2011

Nessuno si salva da solo

Ho da poco finito di leggere l'ultimo romanzo di Margaret Mazzantini, Nessuno si salva da solo (Mondadori, 2011). L'ha letto anche mia madre, che in genere si addormenta alla prima pagina di qualsiasi libro. Sono affezionata a questa scrittrice, che mi ha conquistata qualche anno fa con Non ti muovere e che da allora non ho mai smesso di seguire. Complice (forse) anche il sodalizio artistico con il marito, Sergio Castellitto, che ha saputo trasporre su pellicola così bene il libro, non tradendolo neanche in una delle sue parti, aspetto ogni volta con ansia un loro nuovo lavoro (tra pochi mesi dovrebbe uscire nelle sale anche il film tratto da un altro romanzo della Mazzantini, Venuto al mondo).


Il tema affrontato dalla Mazzantini in questo suo ultimo romanzo potrebbe definirsi scontato, banale, quantomeno rispetto alle trame più intricate dei suoi precedenti lavori. La vicenda si svolge nell'arco di una cena, cena a cui i due protagonisti, probabilmente, avrebbero voluto non partecipare mai. Una coppia separata si incontra per organizzare le vacanze estive dei figli, per "spartirsi i giorni", ma subito ci si accorge che questo proposito viene accantonato: rivedersi, ritrovarsi in una situazione di apparente normalità, offre il fianco a digressioni, racconti pieni di tristezza, di rimpianti, di arrabbiature, di accuse reciproche. Due ragazzi incontratisi per sbaglio che hanno ceduto alla loro passione credendo che potesse durare per sempre, si sono ritrovati da soli, pieni di rancore nei confronti dell'altro. Dell'altro che si prende una serata a settimana per uscire con le amiche, dell'altro che si chiude nel suo mondo davanti al suo computer per cercare di buttare giù qualche buona idea.
Lo stile della Mazzantini rimane sempre molto agile e vivace. Il fatto che i personaggi siano così esasperati e delusi dalla vita, le fa calcare forse un po' troppo la mano nei dialoghi che in alcuni punti rasentano quasi il turpiloquio (cosa sicuramente funzionale, ma forse un tantino esagerata per una buonista come me!).

Mia madre, dopo averlo finito, mi ha chiesto cosa ne pensassi. Mi è parso di capire che fosse delusa dal finale. Io, invece, non mi aspettavo niente di diverso da quello che ho trovato scritto.

domenica 12 giugno 2011

Perle di saggezza

Ricorderete sicuramente il mio post in cui, qualche mese fa, descrivevo con sommo, innocuo ludibrio la mia insegnante di francese. Ebbene, ieri ho ritrovato alcune sue perle di saggezza annotate con cura nel mio quaderno (abitudine contratta al liceo, poiché fin da allora i miei professori ben si prestavano a questo ruolo) che ora ho deciso di condividerle con voi.

A parte il fatto che spesso e volentieri se ne esce con frasi epiche tipo "Che c'ho la faccia da Radio Maria, io?", la professoressa in questione dà il meglio di sé quando racconta aneddoti della sua vita vissuta. Per esempio, un giorno ci riportò il dialogo che aveva avuto con un tassista napoletano che la stava accompagnando alla stazione. Il tassista confessò alla prof. di aver vissuto per qualche anno "al Nord", e di essere scappato via quando, andando al supermercato e chiedendo "due o tre panini", si è sentito chiedere "due o tre?".
Ma non è tutto. La professoressa sembra avere vissuto mille vite precedenti a questa. Per esempio ci ha detto che al suo arrivo in Italia, dopo aver vissuto quattro anni in Messico, parlava una lingua nata dalla sovrapposizione di Spagnolo e Italiano. Sentendola parlare così, un venditore romano, di quelli veraci, le avrebbe detto "Aò, mica stamo nela pampa!". E a quel punto decise che avrebbe disimparato lo Spagnolo.
Come se non bastasse, la professoressa è anche pittrice. Espone i suoi quadri nelle gallerie di Napoli e collabora con alcuni musei partenopei. Allora un giorno, prendendo spunto da un articolo sulla fotografia, ci ha fatto tutta una lezione sui colori, su quali sono quelli primari, su come funziona la rifrazione della luce, ecc. Ebbene, dopo averci spiegato che tutti i colori insieme, mischiati, danno vita al marrone, vi giuro che quel giorno se n'è uscita con questa frase (cito testualmente): "Ragazzi, scusate, ma perché pensate che la merda è marrone?" con quella r moscia che fa tanto francese.
E' anche una donna dalle abitudini bislacche: nonostante abbia una famiglia, dorme spesso a casa di una sua amica. Durante una di queste notti insieme, le due si sono svegliate (contemporaneamente, alle 3) e hanno mangiato tartine con la marmellata accompagnate dall'immancabile champagne (quello con cui fanno colazione i ricchi in Sud Africa). E' una donna che disegna paesaggi con la penna a china sui quarti di copertina dei libri tra una lezione e l'altra e che si galvanizza quando scopre che, in Grecia, exodo vuol dire uscita e metafora lo trovi scritto sui camion dei traslochi.
Davvero un personaggio da film!

lunedì 6 giugno 2011

Sogno proibito

Stavo per spegnere il computer, quando ho sentito il bisogno impellente di fare ordine tra le icone del mio desktop: documenti tra i documenti, foto nella cartella foto, eccetera. Troppe icone mi innervosiscono, un desktop troppo pieno mi dà idea di disordine (qualcuno potrebbe psicanalizzarmi?). Quindi, stavo facendo questa pulizia cybernetica, quando la mia attenzione viene attratta da una cartella intitolata "foto per blog". La apro e vedo cosa c'è dentro. Immagini che ho usato (o che avrei voluto usare) per accompagnare i post sul mio blog. Ebbene tra queste ce n'è una intitolata proprio "Sogno proibito" e ora ve la posto:





Si capisce cos'è? L'oggetto di design dei miei desideri consiste in una poltrona nella cui struttura sono incastonati dei libri! Fantastica! Come ho potuto dimenticarla in quella cartella per così tanto tempo, senza condividere con voi la mia gioia?!


Vi consiglio vivamente di mettere da parte un bel gruzzolo, ché tra un anno mi (ri)laureo... :P

mercoledì 18 maggio 2011

Survivors!

Non so se posso dirlo. Magari per scaramanzia sarebbe meglio di no. Ma sì, diciamolo: siamo sopravvissuti al tremendo terremoto di Roma! E così torno a scrivere sul mio blog. Siete contenti?


Per quanto mi riguarda sono anche sopravvissuta a un altro cataclisma: la mia prima presentazione davanti a una nutrita platea di persone. Slide, appunti, mani sudaticce, applauso finale. Avete presente? Che poi in platea ci fossero meno di dieci persone (era l'una, cioè le 13, che potevo pretendere?) e che dovessi parlare meno di dieci minuti perchè eravamo in ritardo, erano solo dettagli...


Ora mi aspettano una serie di altre prove intermedie, di tesine e compagnia bella. Però un articolo per Attraversamento cojoti devo proprio scriverlo! (Mattè, ho già iniziato a scrivere, tranquillo!)

martedì 10 maggio 2011

Non succede, ma se succede...

Prendo in prestito questo efficacissimo slogan dal mondo calcistico e lo calo nella realtà di oggi. A Roma, da qualche settimana a questa parte, se tendi bene l'orecchio per captare cosa dice il gruppetto di persone in fila al supermercato, sull'autobus o all'università non potrai non sentire quella terribile parola.

Terremoto!



Pare che un sedicente sismologo, ormai defunto da 30 anni, avesse elaborato una teoria secondo la quale un determinato allineamento dei pianeti potrebbe essere la causa di fenomeni sismici sulla Terra. E si dà il caso che questo allineamento si stia verificando proprio in questi giorni! La teoria non è accreditata e non gode di carattere scientifico, per cui tutte le varie istituzioni in materia si sono affrettate a smentire, compresa la protezione civile. Il problema è che ormai il guaio è fatto, è scattata la fase "non è vero, ma ci credo" per cui Roma si sta progressivamente spopolando (pare che addirittura le persone si siano prese 10 giorni di ferie da passare lontano dalla città!).



Simili reazioni le ho avvertite anche intorno a me: mia madre che mi implora di tornare a Terracina (come se poi lì fossimo completamente al sicuro dai terremoti...); la mia coinquilina che è tornata a casa sua, in Abruzzo; l'altra mia coinquilina fa il count down e mi chiede se sono preoccupata, perchè lei lo è; altri amici che rimangono a Roma ma andranno a dormire al Circo Massimo, dove si è organizzato un campeggio per le notti a ridosso della fatidica data.



Beh, io ho deciso che rimarrò qui dove sono, sono fatalista. E se poi succede...


venerdì 6 maggio 2011

Canzone del maggio


Anche se il nostro maggio
ha fatto a meno del vostro coraggio
se la paura di guardare
vi ha fatto chinare il mento
se il fuoco ha risparmiato
le vostre Millecento
anche se voi vi credete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se vi siete detti
non sta succedendo niente,
le fabbriche riapriranno,
arresteranno qualche studente
convinti che fosse un gioco
a cui avremmo giocato poco
provate pure a credevi assolti
siete lo stesso coinvolti.

Anche se avete chiuso
le vostre porte sul nostro muso
la notte che le pantere
ci mordevano il sedere
lasciamoci in buonafede
massacrare sui marciapiedi
anche se ora ve ne fregate,
voi quella notte voi c'eravate.

E se nei vostri quartieri
tutto è rimasto come ieri,
senza le barricate
senza feriti, senza granate,
se avete preso per buone
le "verità" della televisione
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti.

E se credente ora
che tutto sia come prima
perché avete votato ancora
la sicurezza, la disciplina,
convinti di allontanare
la paura di cambiare
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.

mercoledì 27 aprile 2011

Parigi

"Quanti semo?"

Lione

Francia

Petit dejuner

Baguettes au jambon

Croissants


PARIGI


Palais des congres

Emanuelle la guida

Arc du Triomphe, Place de l'Etoile

Trocadero et Tour Eiffell

(coda per salire sulla Tour Eiffell lunghissima)

foto




L'Ecole militaire

Les invalides

Le grand e le petit palais

Les Champs Elysée

L'opera

l'eliseo di Sarkozy e Carlà

La Madelaine del megalomane Napoleone

Rue de Rivoli e il Louvre

Le Jardin des Tuileries

L'Ile de la cité con Notre Dame

Pont Neuf, Pont des Arts, Pont Alexandre III

Quai Saint Germain et Quai Saint Michel

Musée D'Orsay

Palais Bourbon e l'Assemblée nationale

La Défense 5 e il nostro hotel

Le Sacre coeur




Montmartre, Pigalle

Le Moulin Rouge

Souvenirs

Kebab

Promenade

Galleries Lafayettes

Riposo al Jardin des Tuileries

Promenade sur la Seine

Pioggia improvvisa

Metropolitain

Cena al Montecarlo

coda per la Tour Eiffell sempre troppo lunga

Metropolitaine

Messa di Pasqua a Notre Dame

(prima lettura in Italiano)




Dejuner in un Bistro del quartiere latino

La Sorbonne

Le Jardin du Luxembourg

Panthéon

Metro

Centre Pompidou




Cena a Pigalle

Ultimo tour della Ville lumiere

Ultime foto

Ultimo giorno a Saint Romain le puy

(paese gemellato con Monte San Biagio)


18 ore di pullman

"A Natale mi sposo"

2 ore di chiacchiere con mamma











martedì 12 aprile 2011

La cena

L'allestimento del teatro nuovo di Verona in occasione della semifinale del Campiello giovani prevedeva, ai piedi del palco, una montagna di libri. Era un bellissimo colpo d'occhio e dentro di me ho pensato "ma guarda un po' che bella idea che hanno avuto questi scenografi!". Non osavo avvicinarmi a curiosare tra i volumi esposti, poiché pensavo fossero solo un elemento decorativo (magari anche solo scatolette di polistirolo con una copertina appiccicata sopra) e perché temevo di poter essere rimproverata da qualcuno. Solo verso metà spettacolo il conduttore ci svela che quei libri in realtà sono per noi e che avremmo potuto prenderli e portarceli a casa. Inutile dire che a fine manifestazione c'è stata una ressa allucinante (credo di non aver mai visto prima di allora qualcuno che si spintonasse per accaparrarsi qualche libro!) e che io, nonostante partissi dalla mia posizione privilegiata in seconda fila, stavo rischiando di tornarmene a casa senza niente. Alla fine però sono riuscita ad arrivare sotto il palco e a prendere qualche volume: le antologie del Campiello giovani dei due anni precenti, una favola per bambini e, incuriosita da un pieghevole che ne ricopriva la copertina, un noir. La frase sul pieghevole recitava più o meno così: "Troppo amore non fa bene ai figli... Un thriller senza respiro, dove nessuno è innocente" ed era firmata da Niccolò Ammaniti, scrittore italiano che seguo da sempre e di cui ho letto parecchio. Ho appena finito di leggerlo e vorrei raccontarvelo.


"La cena" (ed. Neri Pozza, 2010) è un romanzo scritto da Herman Koch, autore televisivo, giornalista e scrittore olandese, molto conosciuto in patria, un po' meno da noi (tanto per farvi capire: volevo mettervi il link di wikipedia per la sua biografia, ma c'è solo in olandese o in tedesco). Ma chissà, forse questo suo ultimo lavoro gli darà più rilievo a livello internazionale: il romanzo in questione, infatti, pare sia stato un vero e proprio caso letterario, con centinaia di migliaia di copie vendute in tutto il mondo e traduzione in undici lingue. Avendo saputo tutte queste cose, io che sono notoriamente una lettrice di best-seller, mi sono subito appassionata e ho cominciato a leggere di gran lena.

Come si evince dal titolo, il romanzo ha luogo durante una cena in un ristorante di lusso dove due coppie (due fratelli con le loro rispettive mogli) si ritrovano per discutere di un qualcosa di terribile che riguarda i propri figli. Ognuno di loro è a conoscenza degli eventi, ma tutti fanno finta di niente: almeno per la prima metà della cena parlano di cose futili ("Avete visto l'ultimo film di Woody Allen?"), lasciando il lettore in trepidante attesa per buone cento pagine prima di riuscire a capire qual è il problema che affligge le due coppie. Sarà solo verso metà volume, infatti, che, seguendo le digressioni del protagonista-narratore, il lettore riuscirà a ricostruire pian piano il puzzle con i pezzi mancanti.

Se è un libro che descrive lo spaccato di due coppie borghesi per la maggior parte della sua lunghezza, diventa estremamente duro e cruento in alcuni punti (potrebbe tranquillamente diventare la sceneggiatura di uno di quei film che non andrei mai a vedere). Ma la cosa che colpisce di più il lettore, come aveva giustamente sottolineato Ammaniti nelle sue due righe di commento, è il rapporto morboso che si instaura tra i genitori e i propri figli, la totale abnegazione dei primi verso i secondi e la difficoltà di giudicare in modo giusto e imparziale le azioni più miserevoli, se commesse dai propri figli. Infatti, mentre uno dei due padri si rende conto con più lucidità dell'accaduto e, per amore di giustizia, sarebbe disposto a denunciare il figlio, assicurandogli parecchi anni di galera, l'altro, il protagonista, è fermo nella sua volontà di insabbiare tutto e di fare in modo di cancellare dalla memoria del figlio quello "spiacevole incidente", quella "bravata" per tornare semplicemente ad essere la famiglia felice che erano. A chi dare ragione? Con chi schierarsi? Forse ha davvero ragione chi dice che fare i genitori è il mestiere più difficile del mondo.

domenica 3 aprile 2011

Reportage: Verona




Col frecciargento si percorre mezza Italia in 3 ore che, se si ha un buon libro da leggere, passano in un baleno. All'arrivo ci si trova sempre un po' spaesati, per quanto uno possa aver studiato minuziosamente la cartina della città sconosciuta meta del suo viaggio. Morale della favola: bisogna chiedere indicazioni a qualcuno. Chi meglio del barista della stazione?

"Scusi, dov'è porta nuova?"

Risponde: "E' là... la vedi la bandiera? Frate-e-lli... d'Ita-a-liaaaaa..." Chissà come mai, abbiamo la sensazione che il suo sia un modo per prendere in giro due terroni in gita... Ci guardiamo e ridacchiamo, pensando "cominciamo bene!".


Continuiamo a camminare verso il centro, e in pochi minuti arriviamo al nostro B&B. Scelto tra una miriade di possibilità per via della sua posizione strategica (vicinissima al centro e a poche centinaia di metri dalla stazione) e per via dei prezzi concorrenziali, ci accorgiamo ben presto di essere ospiti di una squisita signora, nel suo appartamento. Sì, a Verona funziona così (forse succede anche in altri posti, ma fino ad ora non mi era mai capitata una cosa del genere): la gente compra degli appartamenti grandi, si riserva una camera per sè, e il resto delle stanze vengono lasciate agli ospiti del B&B. A voi è mai capitato? Insomma, tornando a noi, la signora ci ha fatto vedere la nostra camera (la suite Romeo e Giulietta - come sbagliarsi? - con un grande bagno, tv satellitare, condizionatore e computer portatile per connettersi ad internet!), ci ha lasciato un mazzo di chiavi, ci ha dato una cartina della città mostrandoci i posti da vedere, ci ha fatto sentire a casa. Ma la cosa che più ci ha colpito è successa il giorno dopo, a colazione. Infatti, attorno al grande tavolo del soggiorno si radunano tutti gli ospiti del B&B e si può mangiare mentre si chiacchiera con persone appena conosciute: ci si racconta perchè si è a Verona, quando si riparte, se ci è piaciuta la città. Noi in due giorni abbiamo incontrato un professore universitario di Bologna, due ragazzi venuti da Padova per il concerto dei Subsonica, altri due - una francese e un tedesco - semplicemente in vacanza. Persino io, che sono notoriamente un po' orsa con chi non conosco, sono stata entusiasta di questa cosa.

Passando alle impressioni sulla città, devo dire di essere rimasta piacevolmente colpita. Tipica città del nord, organizzata e pulita, dove tutti vanno in bicicletta (è facile incontrare intere famiglie in fila indiana sulle piste ciclabili) e dove una buona fetta della popolazione cena con uno Spritz. La città, però, offre molto più di questa serie di banali stereotipi. Innanzi tutto, ci si lascia spesso convincere da chi dice che il centro di Verona si può visitare in poche ore: potrebbe essere effettivamente così, se uno si limitasse solo ai quattro monumenti segnati sulle cartine per turisti.

In realtà ci si rende ben presto conto che "un giro in centro" non basta quando, ripassando per un vicolo, ci si accorge che si stava rischiando di perdere una chiesa, un palazzo o uno scorcio particolari. Noi siamo stati solo due giorni e siamo riusciti a vedere un bel po' di "bellezze" (anche nascoste) della città, ma credo che con qualche altro giorno a disposizione avremmo potuto fare di meglio. Soprattutto perchè, un po' per il caldo inaspettato (intorno ai 25° C) e un po' perchè non c'abbiamo più il fisico, dopo un'ora di cammino dovevamo fermarci per mezz'ora all'ombra in qualche parco...

Ad ogni modo siamo riusciti a vedere:

L'Arena di Verona, fuori, dentro e tutt'intorno. Prendo in prestito la frase di una turista spagnola che lo descriveva ai suo compagni come un "piccolo colosseo" (cosa che in effetti è). Teatro romano, costruito nel primo secolo d.C. Per chi ha visto il colosseo direi che può tranquillamente evitare di spendere quell'enormità del costo del biglietto, considerando che dentro si faranno solo un paio di foto mentre in platea degli operai montano il palco per il prossimo spettacolo;


il balcone di Giulietta, che si affaccia in un cortile sempre gremito di persone in fila per fare la foto mentre si tocca il seno di una statua della povera ragazza (che porti fortuna? bah...). Architettonicamente parlando abbastanza impersonale, il luogo ha certamente un valore simbolico, ed è giusto che sia così. Magari, però, eviterei di permettere alle coppiette innamorate di incidere i loro nomi nella pietra lì intorno...


Corso Mazzini e Pazza delle Erbe, il centro commerciale della città, il primo con le boutique e i negozi più prestigiosi, la seconda con le bancarelle dei souvenir e dei prodotti tipici della cucina veneta. Nella piazza si incontrano una fontana e un obelisco sulla cui sommità sta appollaiato un leone, simbolo di San Marco e simbolo della vicina città di Venezia;


la basilica di San Zeno, patrono della città di Verona, è una delle cattedrali più bizzarre che io abbia mai visto. Innanzi tutto si sviluppa in lunghezza ed è costruita su tre livelli: al livello strada si trova l'ingresso, immenso, ma spoglio, con solo delle cappelle laterali; verso la metà della lunghezza della chiesa si trovano delle scalinate: una, che scende, porta verso la cripta dove è custodito il corpo di San Zeno, mentre l'altra, che va verso l'alto, porta alla chiesa vera e propria con altare, abside, panche per i fedeli. Purtroppo non abbiamo potuto vedere quest'ultima parte perchè off limits causa matrimonio, ma pare che proprio vicino all'altare sia custodita una tavola del Mantegna. Sicuramente da visitare;


il Castelvecchio e il ponte scaligero: costruiti nel XIV secolo su ordine di Cangrande II della Scala, il primo per difenderlo, e il secondo per scappare, in caso di sommosse popolari. Sono entrambi perfettamente conservati e il castello ospita un importante museo civico;


Siamo anche riusciti nell'impresa titanica di salire 200 gradini per arrivare in una zona panoramica della città e scattare qualche foto dall'alto. Il colpo d'occhio è davvero fantastico e soprattutto da lì ci si rende conto di quante chiese siano disseminate per la città. E' davvero impressionante la densità di campanili in pochi chilometri quadrati. Sono arrivata al punto di chiedermi se fosse Verona, e non Praga, a dover essere chiamata "la città delle cento torri".


Bene, credo di avere scritto fin troppo. Ora sta a voi dire la vostra! Aspetto i vostri commenti...


Per quanto riguarda le motivazioni del viaggio, vi rimando al blog di Luigi, che vi spiegherà tutto. ;)

giovedì 31 marzo 2011

Sì, viaggiare!

La donna riprende la sua valigia dopo averla tenuta appesa al chiodo per un bel po'. Con il suo trolley multicolor - riempito fino all'orlo, anche se starà via solo due giorni - salirà su un frecciargento che in tre ore la porterà a Verona.

Happyness!


[presto su questo blog il reportage completo]

lunedì 21 marzo 2011

Insonnia

Vorrei proprio sapere perchè la sera sto così...








... e perchè invece la mattina sto così...




[Qualcuno mi spieghi cosa ho fatto di male!!! :S]

venerdì 18 marzo 2011

Je suis, tu es, il est...

Ho ricominciato a seguire, dopo almeno 8 anni, un corso di Francese. Sono solo alla seconda lezione e so a malapena dire le mie generalità. Però la prof mi piace: innanzi tutto, per inquadrare il tipo, è necessario dire che è sì di origine francese, ma vive a Napoli ormai da diverso tempo. Alla nostra prima lezione si è presentata con una stampella dicendo di essersi fratturata un ginocchio cadendo da un soppalco di casa sua. La tipa si è integrata talmente bene nella sua nuova città che, per tradurre una parola francese in italiano, ha fatto ricorso a un vocabolo a noi sconosciuto subito correggendosi: "Ah, no, scusate! Quello era in napoletano!" (Scena davvero surreale)


Bene, oggi la prof si è superata. Ha dato ad ognuno di noi una lista intitolata "101 idee d'arte da fare da soli" dicendoci, con un certo sarcasmo, che un artista francese era stato addirittura pagato per fare una cosa del genere! L'opera d'arte in questione si trova in un museo di arte contemporanea a Venezia e viene distribuita gratuitamente ai gentili visitatori...


Avrei voluto pubblicare l'intera lista, ma una versione italiana non la trovo. Spero riusciate a vedere il video che vi ho postato e a capirci qualcosa!

venerdì 4 marzo 2011

Il cigno nero


Uno dei film più inquietanti che mi sia mai capitato di vedere. Probabilmente se l'avessi visto con mia madre, avrebbe trovato assurde analogie con il terribile "Arancia meccanica" e, come trent'anni fa, avrebbe abbandonato inorridita e sconvolta la sala. Invece mi sono portata dietro Luigi, suo malgrado.
La trama non sto qui a raccontarvela, prima di tutto perché è il classico film aperto a diverse interpretazioni: ognuno potrebbe farsene una propria vedendolo e quindi perché togliervi questo piacere? In secondo luogo perché non è quella che colpisce (e stordisce) nel film (e anzi, a ben vedere, sembra anche abbastanza banalotta).
"Il cigno nero" è il classico esempio di film che non saprei se consigliarvi o sconsigliarvi. Per carità, la prova di Natalie Portman è davvero ben riuscita: il suo personaggio è molto complesso, sospeso tra la necessità di raggiungere la perfezione nella sola cosa che le riesca - la danza - forse anche per un senso di rivalsa nei confronti di una mamma onnipresente, e le sue fragilità che rasentano la malattia psichiatrica. Nel complesso, però, posso sicuramente dire che il film non mi ha esaltato e che ho trovato delle scene assolutamente incomprensibili e addirittura inutili, che rendono un thriller psicologico (quale dovrebbe essere questo) un film splatter. Pur entrando in sala senza conoscere nel dettaglio la trama, dopo pochi minuti dall'inizio comincia ad avvertirsi un senso di inquietudine che tende a crescere man mano che la storia va avanti, fino ad arrivare al tragico epilogo finale, forse inaspettato (o forse no).
Insomma, da una parte vorrei che lo vedeste così poi potremmo discuterne insieme, dall'altra mi sento di dirvi di non andare. Soprattutto per quelli che, come me, non hanno uno stomaco che regge certi colpi...

domenica 27 febbraio 2011

Migrazioni

Se chiedi a un ornitologo, penserà ai suoi amati uccelli; se chiedi a un economista, penserà ai flussi di lavoratori o di capitali che si spostano da un Paese a un altro. Se lo chiedete a me, penso solo ai miei amici. Ricorderò questo 2011 come l'anno delle migrazioni. Tra chi è in partenza e chi è già partito, mi sento il centro di un sistema che mi ruota intorno: io sto ferma, mentre intorno a me tutto cambia. Non mi ero mai sentita così prima di adesso. Finora sono sempre stata io quella che partiva, che cambiava città, che passava le vacanze altrove, mentre gli altri rimanevano qui, come porti sicuri ai quali potevo fare ritorno se le cose fossero andate male, come un paracadute o una porta d'emergenza da aprire nel momento del bisogno. E la consapevolezza di tutto ciò mi aiutava a sopportare la lontananza e le difficoltà. Ora tutto è cambiato. Io sono ferma, gli altri partono. Io divento il paracadute. Spero di essere all'altezza di questo difficile compito, anche se per me è la prima volta e anche se mi sale sempre il magone ogni volta che ci penso.

Approfitto del post superglicemico che sto scrivendo per salutare Giulia e Marco (una a Trento e l'altro a Perugia), per mandare loro un bacio e per fare loro i complimenti per la loro idea. Sarà un bellissimo modo per tenersi in contatto e per raccontarci quello che succede! Aggiornateci!!!
Saluto poi Andrea (Perroni, Pdm, Drendre, ecc...) che tra poche ore partirà per Londra. E' vero, non è che, stando lui a Firenze e io a Roma, ci vedevamo spesso, ma è stata comunque dura salutarsi con la consapevolezza che, se tutto andrà bene, ci rivedremo tra due mesi. Insomma, Andrè, mi mancherai un sacco! Spero che anche tu ti deciderai a rispolverare il tuo blog... Ormai sei diventato il nostro corrispondente da Londra!
Tra qualche mese, poi, partiranno anche Tiziana e Gabriele alla volta della Svizzera e così anche un piccolo pezzo della mia storia universitaria se ne andrà. Ragazzi, incrocio le dita per voi (e soprattutto per Tizi che aspetta la risposta...)!

Bene, ok, ho finito. Mi scuso con i miei pochi - ma buoni - lettori per questo post sfogo/tributo.

Valeria


P.S. Comunque una cosa buona in tutto questo c'è: potrò viaggiare scroccando alloggi! :P



martedì 15 febbraio 2011

L'amore secondo...

PEYNET




KLIMT






CANOVA







CHAGALL




giovedì 20 gennaio 2011

A proposito di libri

"Vogliamo dei libri necessari, libri che si possano leggere all'indomani di un funerale quando per il troppo pianto non ci sono più lacrime, quando non ci si regge più in piedi, inceneriti dal dolore; libri che siano come parenti stretti dopo aver messo a posto la camera del figlio morto, dopo aver ricopiato i suoi diari per averli sempre con sé, dopo aver respirato mille volte i suoi vestiti nell'armadio, quando non c'è altro da fare; libri per le notti in cui, malgrado lo sfinimento, non si riesce a dormire e si desidera solo liberarsi delle visioni ossessive; libri che abbiano un peso (...)
Noi non sappiamo che farcene di libri insignificanti, dei libri vuoti, dei libri fatti per piacere.
Noi non vogliamo libri raffazzonati, scritti in fretta e furia, si sbrighi, me lo finisca per luglio, a settembre facciamo un lancio come si deve e ne vendiamo centomila copie sicuro.
Vogliamo libri scritti per noi che dubitiamo di tutto, che piangiamo per un niente, che sobbalziamo per ogni minimo rumore alle spalle.
Vogliamo libri che al loro autore siano costati molto, libri in cui si siano depositati i suoi anni di lavoro, il suo mal di schiena, i suoi punti morti, qualche volta il suo panico all'idea di perdersi, il suo scoraggiamento, il suo coraggio, la sua angoscia, la sua tenacia, il rischio che si è assunto di sbagliare.

Vogliamo libri splendidi che ci tuffino nello splendore del reale e lì ci tengano avvinti; libri che ci provino come l'amore sia all'opera nel mondo accanto al male e totalmente contro di lui, anche se talvolta non si capisce (...).
Vogliamo libri che non ignorino niente della tragedia umana, niente delle meraviglie quotidiane, libri che ci facciano entrare l'aria nei polmoni."

[Laurence Cossé, La libreria del buon romanzo, edizioni e/o, 2010]

 
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