domenica 24 gennaio 2010

domenica 17 gennaio 2010

Recensioni di una mente contorta

Elettra
Ultimo disco della cantantessa, tornata col botto, come direbbero a Roma, dopo mesi (anni) di latitanza dal panorama musicale italiano. Adesso direte che sono di parte, ma questo suo ultimo lavoro è davvero impressionante! C’è dentro di tutto, a cominciare da un meraviglioso mix di musicalità geograficamente distanti come quella siciliana, sudamericana (a tratti caraibica, azzarderei), addirittura balcanica e nord europea, sempre accompagnate dai testi ricercatissimi che la contraddistinguono. E il suo continuo sperimentare si percepisce anche dagli stessi testi, in cui sempre più spesso alterna l’italiano ad altre lingue, come l’arabo, il francese e soprattutto il suo amato dialetto catanese, da cui, per fortuna, non è riuscita a staccarsi neanche dopo i suoi lunghi soggiorni oltre oceano. Adoro in particolare queste canzoni, mi sembra siano ancora più vere, interpretate con più passione, con più orgoglio. A questo proposito vi consiglio di ascoltare ‘A finestra, tratta da quest’ultimo album. Anche se probabilmente non capirete niente, sono sicura che vi farete coinvolgere!
Un’altra cosa a cui ho fatto caso solo ora è che anche lei, come Fabrizio De Andrè (Stefano mi odierà per questa azzardata similitudine), tende a dedicare parecchie sue canzoni a persone (o stereotipi di persone) determinate, come ha fatto ad esempio Contessa miseria, Signor Tentenna, Eva contro Eva, Mio zio, Elettra. In questo modo, infatti, non solo si può prendere spunto dalla vita reale a dalle bizzarre persone che popolano questo mondo, ma si evita di essere banali o ripetitivi.
Qui a Bilbao ho conosciuto molte ragazze siciliane che adorano Carmen Consoli quasi quanto me, ma in generale so che a molti non piace, per il suo stile, per la sua voce, per la sua “ricercatezza”, non so. Poi c’è però un’altra categoria di persone che chiamerei “gli scettici”: ecco, a questi consiglio vivamente di ascoltare questo suo nuovo lavoro, perché secondo me merita davvero.
Concludo dicendo che il connubio con Consoli-Battiato è uno dei più azzeccati, almeno da vent’anni a questa parte, e spero continuino a regalarci sempre nuove “chicche”.

Emmaus
Non voglio parlarvi di religione, state tranquilli. “Emmaus” è solo il titolo che Alessandro Baricco ha scelto per il suo ultimo romanzo. Non mi dilungherò nell’elogiare il suo stile, anche perché la molti di voi già lo conoscono, e lo adorano perfino. Volevo solo parlarvi delle mie impressioni a riguardo. È un libretto piccolo piccolo, molto diverso dai suoi precedenti romanzi. Coordinate spazio temporali sono pressoché assenti, ma dà comunque l’idea di essere molto realistico, molto verosimile. È la storia di quattro adolescenti, Luca, Il Santo, Bobby e l’io narrante senza nome (che a me piace pensare possa essere l’autore stesso a quell’età) attaccati quasi con aggressività alla loro fede cristiana, a cui si sentono di appartenere “per tradizione”, e alle loro famiglie borghesi, fatte di persone normali che vivono in “un mondo in cui si spegne la luce uscendo dalle stanze – le poltrone sono coperte dal cellophane, in sala”. Dall’altra parte c’è Andre, una ragazza (al contrario di quello che il nome ci suggerisce) bella e dannata, che appartiene al mondo di quelli che “sono semplicemente ricchi” e in cui “la chimica della vita non produce formule esatte ma spettacolari arabeschi”. La maggior parte delle volte i due mondi convivono, distinti e separati, senza darsi troppo fastidio. Ma a volte, pur non volendo, possono entrare in contatto. Ed è a questo punto che comincia il confronto: i valori nei quali si credeva fermamente crollano, ci si perde per strada mentre si cercano risposte alle classiche domande esistenziali che ognuno di noi si fa, almeno una volta nella vita. Inizia, insomma, il confronto, mirato a cercare di capire chi stia meglio di chi, chi sia più vicino a Dio, chi più vicino alla morte. E non in tutti i casi la risposta esatta è quella più intuitiva.

giovedì 14 gennaio 2010

I love Random

Pare che giù splenda il sole. Qua, invece, infuria la buriana, per usare un latinismo.


Dopodomani primo vero esame, altra modalità, altra lingua, ma la voglia di studiare è poca e più il tempo passa, più questa cala inesorabilmente.


I miei coinquilini volevano farmi vedere il capolavoro dei capolavori del cinema, Arancia meccanica, all'una a.m., giusto per andare a dormire tutti più tranquilli.
Me la sono data a gambe dopo appena venti minuti, dopo aver visto e sentito quel tanto che bastava per terrorizzarmi e per farmi odiare Singin' in the rain. Potrà sembrare assurdo, ma la cosa che più mi ha inquietato, dal poco che ho visto, non è stata la violenza atroce e gratuita, ma l'assurdo linguaggio che usavano tutti i personaggi, un linguaggio finto e apparentemente bambinesco, tipo l'alfabeto farfallino che ci piaceva tanto parlare da piccoli. In poche parole assolutamente fuori contesto, estraneo, anzi opposto, al filo rosso del film e proprio per questo motivo assolutamente congeniale a esso. Stesso discorso per la colonna sonora: Beethoven suona le sue belle sinfonie mentre quattro ragazzacci vanno in giro a drogarsi e a picchiare (nel migliore dei casi) la gente.


Stasera cena "ciuri ciuri" a casa di Enrica e Fabiola. Pasta al pistacchio e tiramisù... Ce piace!


venerdì 8 gennaio 2010

Notte fonda


“Un viejo rabino preguntó una vez a sus alumnos cómo se sabe la hora en que la noche ha terminado y el día ha comenzado. Será, dijo uno de los alumnos, cuando uno puede distinguir a lo lejos un perro de una oveja? No, contestó el rabino. Será, dijo otro, cuando puedo distinguir a lo lejos un almendro de un duraznero? Tampoco, contestó el rabino. Cómo lo sabemos entonces?, preguntaron los alumnos. Lo sabemos, dijo el rabino, cuando, al mirar a cualquier rostro humano, reconozcas a tu hermano o a tu hermana. Mientras tanto, seguiremos estando en la noche.”
 
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