martedì 29 luglio 2014

Persino Milano può essere low cost

Ebbene sì. Anche la città italiana dell’alta moda per antonomasia, del lusso più sfrenato, delle sfilate, di via Montenapoleone e degli hotel griffati può essere alla portata di tutti. Quanto segue è quello che ho imparato nei miei due mesi in questa città: una classifica (assolutamente parziale) di piccoli accorgimenti per tentare di non dilapidare il proprio patrimonio (o, peggio, quello dei propri genitori). 



1.      Mangiare bene, con poco. 
      Sarò sincera: a Milano sedersi in un qualunque locale per mangiare comporta quasi automaticamente un salasso, per affrontare il quale è necessario un training autogeno di un certo livello. Se però si è abbastanza furbi da fuggire le trappole per turisti o i ristoranti dai nomi altisonanti, si possono scovare posticini niente male, il cui il rapporto qualità/prezzo non è necessariamente sbilanciato a favore di quest’ultimo. Per esempio, in pieno centro, a due passi dalla Galleria Vittorio Emanuele II, si trovano concentrati una serie di locali ormai diventati delle vere e proprie istituzioni della gastronomia locale, anche se di locale hanno ben poco, come il forno Luini, regno del panzerotto pugliese trapiantato al nord, e l’Antica Focacceria San Francesco, piena di prelibatezze siciliane a pranzo e a cena. Per i napoletani in trasferta, ma con nostalgia di della pizza di casa, c’è Spontini. E per chiudere in dolcezza, basta entrare da Cioccolati italiani e scegliere una qualunque delle loro proposte. Impossibile rimanere delusi.

2.      Musei gratis per tutti! 
      Basta avere l’accortezza (e la scaltrezza) di dare un’occhiata al sito internet del museo che si vuole visitare. Spesso e volentieri, infatti, vi si trovano condizioni di ingresso agevolate a determinati orari del giorno (come per il Museo del Novecento) o in uno specifico giorno della settimana (in genere la prima domenica di ogni mese), oppure convenzioni con vari enti o carte fedeltà che vi assicurano almeno uno sconto sul biglietto, anche se da tempo avete ormai superato i 26 (e siete ancora molto lontani dai 65)!

3.      Non solo musei. 
      Che siate credenti o no, entrate nelle chiese di Milano. Oltre a ritemprare corpo e spirito, è un modo decisamente low cost per capire la storia della città. Come spesso accade per città tanto antiche, anche a Milano vari stili convivono, anche a pochi passi l’uno dall’altro. Vi capiterà così di scoprire che non c’è solo il maestoso Duomo: basta spostarsi di pochi passi per scoprire, per esempio, la chiesa di Santa Maria presso San Satiro, che contiene un abside unico nel suo genere. A voi scoprire il perché.

4.      Hop on, hop off? Meglio ATM! 
      Metodo decisamente low cost per girare in lungo e in largo la città quando si comincia a essere un po’ stanchi per proseguire a piedi. La linea di metropolitane è molto efficiente e vi permette di raggiungere punti anche molto distanti tra loro in pochissimi minuti, ma è soprattutto il servizio di superficie che riserva grandi soddisfazioni: ai moderni autobus, che servono principalmente la parte più periferica, si affiancano, infatti, vecchi tram degli anni Trenta ancora perfettamente funzionanti. Prenderne uno ogni tanto è il mio personale modo di tornare indietro nel tempo.

5.      Milano fucina di “stranezze”. 
      Se siete a Milano per un week end e correte da una parte all’altra come schegge impazzite per cercare di non perdere neanche una delle sue bellezze, rilassatevi e non sottovalutate quello che può darvi anche il semplice passeggiare (attività low cost per eccellenza, a patto che sia svolta lontano dalle vetrine dei negozi!) per le strade più frequentate della città. Vi capiterà di imbattervi in vecchie cartomanti vestite di colori sgargianti o pittori di strada che vendono le loro opere a buon mercato lungo via dei Fiori Chiari; vi potrà capitare di assistere ai più disparati spettacoli acchiappa-turisti sul corso dello shopping; vi capiterà di vedere ragazzi vestiti in modo improbabile essere fermati da giovani fashion blogger alla ricerca delle nuove tendenze della moda. È tutto perfettamente normale, è solo Milano.



6.      Milano alle soglie dell’Expo. 
      Se da un lato i preparativi per l’Expo fervono e i mille cantieri aperti rendono difficile camminare per alcune zone della città, dall’altro si respira fin d’ora un clima gioioso e di festa. Sarà merito delle centinaia di bandiere multicolori che sventolano lungo le vie del centro? Non so. Quello che è certo è che è divertentissimo provare a indovinare a quale stato corrisponda ognuna di loro. E che la grigia Milano non sembra più così grigia.

7.      L’estate a Milano. 
      Può essere una maledetta tortura per il clima torrido, le zanzare e l’umidità alle stelle (ok, quest’estate è stata anomala. Ma le zanzare ci sono e sono assatanate: ho le prove), ma anche una meravigliosa opportunità. Potenzialmente si potrebbe fare ogni sera una cosa diversa e si tratta tendenzialmente di cose molto fighe. E spesso si tratta di cose molto fighe e gratuite, come per esempio il concerto dei Subsonica in piazza Duomo, al quale non ho potuto sottrarmi. Direi che al netto del mio esame di Diritto del lavoro, avrei sicuramente preso parte alla proiezione di qualche vecchio film sulla terrazza del Duomo, giusto per dirne una. Insomma, se in genere mi sento di sconsigliare di visitare città d’arte quando fa molto caldo, nel caso di Milano forse vi direi di fare un’eccezione. Basta che vi ricordiate di bere tanta acqua e mangiare tanta frutta e verdura, come raccomanda il Tg2.


8.      And the winner is… 
      Nella mia personale classifica dei posti più belli della città (premesso che mi mancano da vedere ancora un sacco di cose… sob!) il primo posto se lo aggiudicano senza dubbio i Navigli. Non so spiegare bene cosa mi abbia colpito perché ovviamente non si tratta di qualcosa di tangibile. E in più devo dire che le zanzare l’ultima volta ce l’hanno messa tutta per farmi ricredere. Ma si respira qualcosa di bello e spensierato nell’aria, soprattutto al tramonto, con le botteghe dei pittori ancora aperte, i turisti stranieri che cenano e noi giovani italici a fare aperitivo. 


mercoledì 9 ottobre 2013

Il senso dell'elefante

Guanda Editore, 2012

Questo romanzo mi aveva colpito già quando, facendo zapping per cercare qualcosa da vedere prima di andare a letto, mi imbattei in una messa in onda (in seconda serata, ovviamente) della finale del Premio Campiello 2012. Ho subito pensato che il titolo fosse perfetto già di per se, ma la mia fascinazione andava aumentando man mano che lo scrittore ne spiegava il senso: l'elefante, diceva, è l'unico tra i mammiferi a crescere i piccoli anche se questi non sono suoi figli, a prendersene cura indipendentemente dai legami di sangue. Cosa davvero lodevole, ho pensato, bravo l'elefante! Ma cosa succederebbe se a farlo fossero gli esseri umani?

Marco Missiroli prova a spiegarlo attraverso la storia di due padri. Il primo è Pietro che lascia Rimini per Milano alla ricerca di un figlio della cui esistenza ha appena saputo, e l'altro è Luca, medico brillante e padre di famiglia che si attacca al suo, di figlio, quando sente vacillare una relazione bugiarda.
Attorno alle loro storie ne ruotano molte altre, tante quante i condomini del palazzo dove i protagonisti vivono. Lo scrittore ha così modo di sviscerare tematiche profonde quanto l'esistenza stessa, osando ad andare a scomodare Dio, la religione, i preti e le streghe, l'eutanasia, l'amore omosessuale, la vita e la morte. Ne esce un quadro non troppo consolatorio: il lettore, almeno quello abituato a cercare nei libri un mondo tutto rosa o una fine da favola, rimane spiazzato. Il finale è impietoso per uno dei due padri protagonisti. Il risultato della sua condotta sa di frustrazione e il sacrificio totale sarà l'unica forma di amore che ancora gli resta per quel figlio ritrovato.




lunedì 17 settembre 2012

La mia collezione di libri di poesia si allarga

Carlotta

Tu sarai una donna
ragionerai come io
non ho fatto mai. Sarai me
                   ma porterai la gonna.
La notte avrà un'altra
dolcezza per te,
non sentirai questa asprezza
chiudendo le mani.
Anche grandi piogge per te
saranno canzoni.

Sarai una donna, volgerai
molto amore, amore forte
come nel mare volge l'onda,
il tuo invisibile plancton
contro la morte fonda.
Ne avrai gli spasmi e il risalire
improvviso delle risa,
il pensiero sarà alla sera
una dolce fronda
sopra gli occhi.

Sarai un miracolo per tanti,
anche senza fare niente.
                        Una traccia
per chi non vede più le stelle.
Apparirai come tua madre, bella,
                                 una scintilla.

Sentirò le tue mani piccole
per sempre giocarmi sulla faccia
come foglie che il vento
muove sulla terra.

E quando sarà finita la mia guerra
e mi sfuggiranno le parole
sarai il privilegio
di una canzone alta, che non muore.

Davide Rondoni, 
in Il bar del tempo (ed. Guanda, 2004)



martedì 12 giugno 2012

Nanni Moretti sarà il vip più citato in questo blog

Nanni Moretti sarà il vip più citato in questo blog. Non basta incontrarlo per una fortunata serie di coincidenze sul posto di lavoro, ora me lo ritrovo pure nei sogni!
Qualche notte fa, infatti, mi è capitato di sognare quanto segue.

Mi trovavo all'università a seguire una delle mie interessantissime lezioni. Ero seduta vicino alla porta semiaperta dell'aula e a un certo punto vedo qualcuno che infila la testa nella stanza, come per cercare qualcuno. Non avendo trovato chi cercava, Nanni Moretti se ne va, salvo poi tornare indietro, entrare in aula e dirmi:
"Ciao Valeria! Mi ricordo di te... eri la stagista di nottetempo!"
"Sì, esatto. Salve"
"Stai seguendo le lezioni?"
"Eh sì. Lei piuttosto come sta? Ho sentito del suo incidente con la Vespa..."

Insomma, il mio cervello ha senz'altro qualcosa che non va!


mercoledì 11 aprile 2012

Sicilia

Il consueto viaggio di Pasqua ci ha portato quest'anno in Sicilia. Ma si fa presto a dire Sicilia... La Sicilia è una regione grandissima, la più grande di tutte le regioni italiane. E così, per fare, che so, Messina-Palermo, uno ci potrebbe impiegare benissimo più di tre ore. Perciò il buon Peppe, nostro mentore e accompagnatore, ha ritenuto opportuno concentrarsi solo sulla parte nord-orientale dell'isola, per limitare al massimo gli spostamenti e ottimizzare i tempi. Ma andiamo con ordine...
Le modalità del viaggio sono sempre le solite: pullman, pullman, pullman! Possibilmente pieno di vecchi, in modo che l'età media non sia mai inferiore ai 65 anni. Luigi, grazie alla sua spropositata altezza, si aggiudica ancora una volta il posto centrale dei cinque sedili in fondo, che inesorabilmente si rivelerà sempre il più scomodo di tutti, e io mi accomodo vicino a lui. Superata la prima nottata di viaggio, tutto il resto sono bazzecole. Prima di imbarcarci per Messina, ci fermiamo a Reggio Calabria per vedere i Bronzi di Riace, in ristrutturazione e perciò sdraiati e protetti da una teca di vetro. Li facevo più alti e invece non superano neanche i due metri. Delusione, insomma.
La traversata è rapida e indolore, e già prima di pranzo arriviamo nel nostro hotel, vicino Milazzo. Questo non ha deluso per niente le nostre aspettative: camere enormi con letto enorme (vedi foto), balcone con vista mare, piscina, e, scopriamo poco dopo, cibo buonissimo. Dopotutto, deve pur avere qualche lato positivo il fatto di rimanere in Italia, dopo tanto girovagare per l'Europa!



Nel pomeriggio, la nostra prima tappa: Milazzo. Cittadina portuale che non ci ha entusiasmato più di tanto. Probabilmente eravamo troppo stanchi per girarla per bene e ci siamo limitati a uno sguardo superficiale alla parte bassa della città. Questa stanchezza profonda potrebbe anche spiegare la mia caduta in catalessi alle 21:30, nonostante ci fosse un bel fusto sdraiato al mio fianco in un letto enorme. Ma vabbè...

Il secondo giorno ci aspetta Taormina ed entrambi abbiamo grandi aspettative su questa città. Innanzi tutto, arrivando, mi sono stupita dell'organizzazione del posto: alle porte del centro città c'è un ampio parcheggio per i pullman che scaricano lì orde di turisti, i quali possono sia proseguire a piedi, sia usufruire gratuitamente di una navetta per il centro. Davvero un ottimo servizio. La città è arroccata su una scogliera a picco sul mare e il corso, pieno dei soliti negozietti di souvenir, ma anche di laboratori di artigiani e di artisti, segue il profilo del promontorio, aprendosi di tanto in tanto in piazze e slarghi affacciati su panorami mozzafiato. Lo stesso teatro greco di Taormina offre uno spettacolo bellissimo: incastrato tra il verde della collina e l'azzurro del mare, è una cornice affascinante e senza tempo. Penso che ascoltare un concerto lì sarebbe il massimo!




Il pomeriggio tra Acireale e Barcellona Pozzo di Gotto non è stato altrettanto esaltante, ma ci ha permesso di assistere a una processione molto sentita e partecipata in occasione del venerdì santo nella quale i barcellonesi sfilano attorno al paese portando diverse e pesanti statue raffiguranti le varie stazioni della via crucis, intonando canti, in una festa che comincia nel primo pomeriggio e termina a tarda sera.


Il terzo giorno è la volta della gita alle isole Eolie. Anche se il tempo non è dei migliori, ci garantiscono che il lunedì dopo sarebbe stato peggio, quindi abbiamo dovuto cogliere l'attimo. Una guida, Angela, ci porta alla scoperta di Lipari, la più grande delle sette isole che compongono l'arcipelago vulcanico. Anche questa, a prima vista, sembra molto graziosa: la piazza del porto è piena di locali che stanno cominciando a riaprire adesso, per la bella stagione; un castello, ora adibito a museo, si erge nella parte più alta dell'isola; sul corso non mancano boutique di gran classe e negozi di souvenir, tra cui spiccano nere pietre lucenti, l'ossidiana nata dalla solidificazione della lava del vulcano. Proprio sul più bello, ci coglie la pioggia, ma proseguiamo comunque il nostro viaggio verso Vulcano, un'altra isola il cui nome dice tutto. Su di essa, infatti, un vulcano ancora attivo sparge nell'aria un acre odore di zolfo e copre la visuale con fumi bianchi che spuntano da buche nel terreno. Molti tedeschi, incuranti delle basse temperature esterne, fanno il bagno nelle pozze di acqua sulfurea bollente. Mi sarei buttata anche io se non ci fosse stato tutto quel vento! E invece abbiamo solo potuto fare qualche foto sulla spiaggia: i residui di ferro e di altre sostanze provenienti dal vulcano hanno conferito alle spiagge colori fantastici, fatti di sfumature del nero e del rosso, che sembrava di essere su Marte! Il rientro a Milazzo è stato abbastanza traumatico: mare forza tre con conseguente subbuglio interiore. Solo la breve durata della traversata ha fatto sì che non finisse nel peggiore dei modi.




Il giorno di Pasqua è passato tra il sacro della messa al santuario di Tindari e il profano della consueta abbuffata di tutte le feste. Tindari è un paese di poche centinaia di anime, anch'esso sperduto sopra il cucuzzolo di una montagna dove pare che soffi sempre un gran vento (come scrisse Salvatore Quasimodo nella poesia Vento a Tindari, e come peraltro abbiamo avuto modo di appurare anche noi). Il santuario ospita una statua lignea di una madonna "nera" con bambino, ritrovata in un forziere nella vicina spiaggia. Lì vicino, perfettamente conservati, i resti di un'intera città romana, con tanto di terme e teatro.
Il pomeriggio, per digerire, passeggiata a Capo d'Orlando. Tanto vento e negozi chiusi, un tantino desolante.


La giornata di Pasquetta, invece, l'abbiamo passata a Cefalù, altra tappa molto gradita del nostro piccolo tour. A differenza di Taormina, Cefalù ha il vantaggio di avere sia un litorale scoglioso da una parte del promontorio, sia un bel lungomare sabbioso non appena girato l'angolo. La cattedrale, caratteristica per il suo stile a metà tra il romanico e l'arabeggiante, affaccia su una piazza piena di bar con i tavoli all'aperto dove è possibile godere del caldo sole primaverile. Certo anche qui il vento non mancava...

Nel pomeriggio, per la nostra ultima tappa, ci siamo fermati a Santo Stefano di Camastra, paese famoso per la lavorazione di ceramiche, giusto il tempo per dare la possibilità ai nostri compagni di viaggio di fare incetta di ogni genere di oggetto decorato.

Per tirare le somme (dato che ho scritto più di quanto avrei voluto), la vacanza è stata senz'altro di mio (nostro) gradimento. Certo mancava la compagnia giusta, ma tutto sommato abbiamo visto posti che da soli sarebbe stato difficile vedere e ci siamo fatti un'idea su una prossima possibile vacanza in quei posti. Magari d'estate, così per poter saggiare anche il mare (vedere quel blu e non potercisi tuffare...!). Già ci vedo: prendere possesso della nostra camera del Bed & Breakfast di Lipari, affittare un motorino e scorrazzare per l'isola... Ovviamente, guido io!


POSTILLA
Il fantastico mondo delle radio, secondo Luigi, dovrebbe lasciare un posto a RadioCatania, una frequenza che passa no stop canzoni di Carmen Consoli e Franco Battiato. Un tantino estrema come linea editoriale, ma sentite che bello sarebbe...



venerdì 30 marzo 2012

Senza titolo

Foto di Roberto Panucci

Il concerto di ieri mi è piaciuto talmente tanto che non riesco a smettere di sentire il doppio cd uscito di recente per festeggiare vent'anni di carriera. Sembra brutto dire che non me l'aspettavo, ma in realtà è così: Samuele Bersani è un grande artista da palcoscenico e mi ha piacevolmente sorpreso. Innanzi tutto è intonato, cosa che non bisogna sempre dare per scontata. Quante volte sono rimasta delusa ascoltando dal vivo un mio idolo musicale perchè non riusciva a non steccare?!? E invece lui è stato semplicemente perfetto: sembrava di stare ascoltando un disco e non un concerto, e soprattutto è riuscito a mantenere un altissimo livello per tutte le due ore e passa di concerto. Insomma, tanto di cappello!

Un'altra cosa che mi ha stupito profondamente è il suo saper stare sul palco e il suo modo di interagire con la platea. Ascoltando le sue canzoni, mi ero fatta tutta un'altra idea di lui: un tipo introverso, un poeta raffinato e sicuramente non incline alla chiacchiera facile col suo pubblico. E invece ho toppato clamorosamente: mi sono fatta tante di quelle risate che neanche a uno spettacolo di Zelig! Solo per citare alcuni simpaticissimi aneddoti: pare che la canzone Senza titoli nasca dal fatto che lui, realmente, prendesse in prestito cassette al Blockbuster di Bologna senza mai restituirle (cosa che gli costò 4 milioni e ottocentomila lire di multa...). Poi, introducendo Un pallone ha detto: "Questa cantatela, però, se no a Sanremo che casso ci sono andato a fare?". Introducendo invece Le mie parole, sua cover di una canzone di Pacifico, ha commentato: "Comunque io sono fatto al contrario: ieri è uscito il suo disco, compratelo, è bellissimo."
Commovente il ricordo di Lucio Dalla nelle parole di Bersani, per lui l'unica persona che gli ha detto sì quando tutti gli altri gli dicevano no. Una persona che gli ha consigliato di "capitalizzare il dolore" dopo una delusione amorosa (una ragazza di Udine lo aveva appena lasciato per un agente immobiliare), consiglio prontamente seguito da Bersani che ha trovato le parole calzanti ad una musica di Dalla: da questo magnifico incontro di suoni è nata Canzone, successo da oltre un milione di copie vendute. "Direi che ho capitalizzato abbastanza!" ha commentato Samuele.
La scaletta era ricca di suoi vecchi cavalli di battaglia. Canzoni che lui stesso ha definito senza tempo, come Chicco e Spillo, Coccodrilli, Cosa vuoi da me? o Freak (resa più attuale attraverso una sostituzione di Pci con Pd), canzoni addirittura profetiche come Cattiva (chi l'avrebbe mai detto che saremmo andati a chiedere l'autografo a Zio Michele o a scattare foto al relitto della Concordia?), altre canzoni, invece, sono semplicemente scadute, rappresentavano perfettamente l'immaginario di non molti anni fa, ma che oggi sono già superate, come nel caso di Coppa Uefa ("ora sostituita dall'Europa League, mi pare?!"), cui però Bersani ha voluto dare un'altra possibilità, avendola cantata al massimo due volte in vita sua. Gli arrangiamenti erano piuttosto fedeli agli originali, tranne in poche occasioni in cui, con l'aiuto dei suoi musicisti, ha voluto azzardare una revisione. Operazione splendidamente riuscita con una versione piano e voce de Il pescatore di asterischi da brividi.

Insomma, Samuele Bersani è uno di quei tipi schietti e diretti. L'ho sentito dire cose del tipo "Non vi dico di battere le mani a tempo di musica altrimenti, casso, andate alla Valtur e vi divertite di più" oppure "ecco, per esempio, a me i peluche mettono tristezza. Una volta me ne hanno tirato uno sul palco e io l'ho tirato indietro", salvo poi pentirsene bofonchiando a mezza voce "Casso, domani sarà tutto su YouTube!". E' uno che non ama le canzoni "arrangiate" delle radio, ma ama riarrangiare i suoi pezzi per dargli nuova vita. Ed è anche uno che se sbaglia a cantare una strofa, decide di ricantarla da capo, scusandosi perchè quella strofa proprio non gli va giù ed è una delle più brutte che abbia mai scritto. Ed è un artista che non si nega al suo pubblico, tanto da spostarsi con leggio e microfono in mezzo alla platea per cantare le canzoni più care al suo pubblico, Replay e Giudizi universali.

Chiudo dicendo che lo Psyco tour è ancora agli inizi e che sicuramente non avrete problemi a trovare una data vicino a voi. Vi consiglio davvero di andarlo a sentire, sarà una bella sorpresa anche per voi!

Valeria
(e un po' di Luigi)

martedì 20 marzo 2012

Memento

Ieri sera ho finalmente colmato una delle mie tante lacune in campo cinematografico. Su suggerimento di diverse persone (ad esempio l'illustrissimo professor P. e la nostra Miky) e grazie all'ausilio tecnico dello "scaricatore" Marco, sono riuscita a vedere Memento, film di Christopher Nolan del lontano 2000.
Le mie aspettative, alimentate da tali e tanti commenti positivi, erano altissime e, fortunatamente, non sono state deluse. Anzi.
La trama del film è un grande punto interrogativo per lo spettatore fino all'ultimo minuto della pellicola. Il finale sorprende e sconvolge, pur non lasciando niente di inspiegato: all'ultimo momento lo spettatore avrà in mano tutti gli elementi per ricostruire il puzzle della vicenda.
Fin qui, potrebbe sembrare un film come tanti altri: svolgimento della storia, climax, colpo di scena finale. E anche la trama, se vogliamo, rappresenta il cliché del marito che vuole vendicare la morte della moglie, vista e rivista in tantissime pellicole.
La verità è che ciò che è davvero innovativo, cervellotico e intrippante di questo film è la sceneggiatura (e il montaggio che la segue): l'intero film è strutturato in modo tale che lo spettatore si immedesimi nel personaggio principale, assumendone il punto di vista (quindi calandosi dentro la storia), ma anche la sua patologia, un disturbo della memoria a breve termine avuto in seguito a un incidente che non gli permette di assimilare nuovi ricordi. Per riuscire a vivere nonostante questo suo handicap, il protagonista utilizzerà una serie di biglietti e tatuaggi che serviranno di volta in volta a fargli ricordare chi è, ma soprattutto qual è il suo fine ultimo. Per fare in modo che vi sia una perfetta sintonia tra personaggio e spettatore (e che il secondo non sappia nulla più del primo) la storia viene svelata dalla fine all'inizio, attraverso delle microsequenze, il cui finale coincide con l'inizio della sequenza vista in precedenza (sì, lo so, scritto così sembra difficile da afferrare, lo dovete vedere per capire).

Insomma, se mai vi capiterà di imbattervi in questo film mettetevi l'anima in pace e:
  1. non sperare di poterlo vedere e capire se lo beccate già iniziato su qualche canale strano del digitale terreste
  2. non sperare di riuscire a capire tutto e subito. Anche se a un certo punto vi sembrerà di avere la verità in tasca, state tranquilli: la vostra idea è senz'altro sbagliata.
  3. non sperare di riuscirlo a vedere se siete stanchi/insonnoliti/mentalmente apatici. Ci vuole un sacco di concentrazione
Se, nonostante questi elementi dissuasori, vi sarà venuta voglia di vedere questo film vi consiglio caldamente di farlo, in modo da poter rispondere all'unica domanda alla quale non sono riuscita a dare una risposta: perchè il tipo del Discount Inn porta Leonard in una camera (21) per poi dirgli che invece la sua camera era un'altra (324)?

 
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